CAP.4
Il primo appuntamento. Il primo bacio…
Sabato, ore 10 ?
Ricordo che convinsi mia madre, forse sarebbe meglio dire che la presi per sfinimento, a portarmi a fare shopping, barattando la cortesia con una settimana di pulizie “sparse e non ben definite” in casa…
D’altronde avevo finito la mia paghetta ed ero proprio al verde, però per l’occasione volevo per forza avere qualcosa di nuovo e di carino indosso!
Optai per una vestitino nero della “Navy London” molto largo ma corto, con la stampa di una stella enorme sul davanti e per delle nuove sneackers bianche. Mia mamma a stento mi riconosceva: avevo sempre indossato jeans strappati, camice a scacchi da uomo ed anfibi.
Il tocco finale lo fece il trucco:
“Sembravo un’altra persona, una nuova Giulia, pronta finalmente anche lei a fare la sua esperienza sentimentale!”
Mezzogiorno ?
Guardavo con impazienza l’orologio, il tempo sembrava non passare mai. Improvvisamente accadde qualcosa di insolito…
Anche la mia “vocina” aveva atteggiamento! Mi assalì con mille pensieri: se gli fossi piaciuta vestita così, se avremmo trovato argomenti interessanti di cui parlare, se ci fossero state affinità, addirittura, la mia nuova “vocina”, arrivò a mettermi dei dubbi se lui fosse davvero venuto all’appuntamento o mi avesse tirato un bidone…
Le 15! ?
Che palle, il tempo sembrava essersi fermato! Decisi allora di stolkerare un po’ su Instagram, pratica che da tempo facevo durante le giornate noiose. Cercai tra le amicizie di Elisa e del suo ragazzo “M” che frequentava la stessa Università di Marco…
Magari erano amici, ma niente… non lo aveva taggato nemmeno una volta in quelle due o tre foto dove si vedevano loro due tenersi per mano. Non sapevo chi era e ne che faccia avesse, non sapevo dove cercare e soprattutto chi cercare e la cosa mi stava facendo diventare matta!
Sicuramente dall’incontro di quel pomeriggio avrei voluto e dovuto sapere qualcosa in più di lui! ?️
Ore 16… ?
Il cibo aiuta sempre!
La fame mi stava divorando e di nascosto, con un pacchetto di patatine in mano, mi diressi verso la cucina. Aprii il frigo per vedere se ci fossero rimasti degli avanzi del pranzo, quando ad un tratto avvertii una presenza da dietro. Feci un sobbalzo!
Era mio padre, che appoggiato alla porta della cucina mi stava osservando con un espressione a metà tra l’incredulo ed il disgustato, mentre tutta in tiro e truccata ormai da circa 4 ore sorridevo nervosa per essere stata beccata in flagrante con una patatina che mi usciva dalla bocca e con in mano il tegamino degli avanzi delle lasagne…
<Sicura… di stare bene Giulia?>, esclamò guardandomi con compassione.
<Si papà certo, cosa dovrei avere?>, gli risposi mentre cercavo la maniera più veloce di dileguarmi da quella situazione e al contempo evitare di spalmare le lasagne sul pavimento…
<Se lo dici tu…>, disse lui.
Ore 16,45 ?
Finalmente era giunto il momento! La biblioteca distava solo 10 minuti da casa mia, non volevo arrivare troppo presto per fare la figura dell’ansiosa, ma nemmeno troppo tardi perchè la voglia di rivederlo era veramente troppa!
Salutai mamma e papà, che mi strinse forte e mi disse: <Per qualsiasi cosa, io sono qui!>
Non ho mai veramente capito a cosa si riferisse (spesso i genitori dicono cose strane), chissà cosa gli passava per la mente, ma di certo quello non era proprio il momento esatto per chiederglielo!
Arrivai con il cuore in gola vicino al luogo dell’appuntamento. L’emozione era tanta e non sapevo cosa aspettarmi:
Sarebbe stato nervoso anche lui come me? Lo avrei visto ad aspettarmi appena avessi voltato l’angolo? Dio ti prego, dimmi di sì! E se poi scopro che non c’è? O se arriva mezz’ora di ritardo? Come sarà vestito? Strinsi i pugni, feci un bel respiro, ed in apnea iniziai a camminare, quando…
Ore 17! ?
Una mano mi toccò il braccio, mi voltai di scatto anche un po’ seccata:
“Ma chi osava rompermi proprio in quel momento che avrebbe cambiato la mia vita?!”
Ma vidi lui e la mia espressione da tigre infuriata si placò all’istante!
Con il fiatone mi sorrise e mi disse di aver fatto una corsa per raggiungermi perchè la macchina si era guastata ed era stato costretto ad usare i mezzi pubblici…
Non osai chiedergli se mi aveva vista camminare poco prima con i pugni stretti avanti ed indietro per il vicolo come una pazza. Cercai di sviare l’argomento anche se, sicuramente, mi aveva notata…
Mi sentivo lusingata delle sue attenzioni, il fatto poi che avesse corso per me in modo da arrivare in orario al nostro appuntamento mi rese ancor più felice e mi fece sentire importante!
Passò in secondo piano anche tutto il “film” che mi ero fatta su di lui che mi aspettava davanti alla biblioteca, l’emozione era tanta, troppa!
Rimanemmo a fissarci circa 10 secondi in quell’angolo di marciapiede, io poi non ressi lo sguardo e arrossita iniziai a guardare per terra.
Fu in quel momento in cui lui disse: <Ma non mi saluti nemmeno?>
Mi avvicinai per dargli i soliti due baci. Dio… se sapeva di buono!
Lui mi abbracciò, forte. Sentii che era felice di vedermi e di stare con me, ed io mi lascia abbracciare…
Ci incamminammo verso il centro, era sabato e c’era tantissima gente. Quella gente che mi aveva sempre infastidita, improvvisamente non mi dava più noia: le voci, i rumori, le macchine, i commenti dei ragazzi alle ragazze… sparito tutto! Esistevamo solo io e lui…
Prendemmo un gelato raccontandoci come erano andati i rispettivi esami del giorno prima.
Già, il test… “Urbis er orbis” non mi era stato di grande aiuto, avevo preso un misero 5.
Lui invece aveva preso un bel 29/30 ed era soddisfatto… Come dargli torto?!
Mi tirò su di morale e lo fece in un modo inaspettato, per me la migliore cosa che potesse accadere!
Finito il gelato decidemmo di fermarci in uno di quei negozietti di roba usata tipici del centro.
L’entrata era invitante: piccola, stretta e tutta colorata con scritte underground.
Varcata la soglia del negozietto, una lunga e ripida scala a chiocciola portava in basso. Ci guardammo e con un cenno di complicità decidemmo di andare a vedere cosa c’era.
Fu in quel momento che lui prese la mia mano mentre scendevo le scale. Fu in quell’istante che capii che mi stavo innamorando di lui…
Ci fermammo a metà di quella scalinata in pietra, la luce che proveniva da dei lampioni in ferro battuto era soffusa e gialla. Ci guardammo, lui mi avvicinò a sè facendomi salire di un gradino, quello più vicino al suo.
Arrivavo precisa precisa a guardarlo dritto in faccia e…